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Golden Goose (in italiano la «gallina delle uova d’oro») nasce ventidue anni fa da una giovane coppia di skater, che a Venezia iniziano la produzione di una scarpa artigianale con precisi riferimenti iconografici alla California e a un’epica vintage. Insomma: da Venezia a Venice. Sulla sneaker vengono cuciti dettagli metallici, talloncini glitter, lettere e finiture invecchiate, secondo il classico stile degli skateboardisti. E su ogni scarpa brilla una stella — simbolo degli Stati Uniti — ritagliata nei modi più diversi possibile. Il prodotto ha un look «usato» e consumato e dimostra così una forte personalizzazione per dare il messaggio che il cliente sia unico, bello e imperfetto, proprio come le sue scarpe.

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La crescita delle vendite è subito immediata, ma è dal 2007 che il fatturato si impenna. Da circa 20 milioni di euro nei primi anni, con una ventina di dipendenti, si svetta a 260 milioni circa prima della pandemia, con uno sviluppo di circa il 35% all’anno. Un ulteriore rimbalzo durante il 2020 e il 2021 porta l’ammontare dei ricavi nel primo semestre del 2022 a 228 milioni con un traguardo possibile a fine anno di circa 500 milioni ed Ebitda di circa 150 milioni (più 40% sull’anno precedente).
I dipendenti sono oggi più di 350 e oltre 170 i negozi in giro per il mondo. Un trend esplosivo. Nel 2013 il mercato italiano valeva ancora il 90% mentre ora è soltanto l’8% e gli Stati Uniti oggi rappresentano il 42%.
Il brand ha saputo recentemente trasformarsi non solo e non tanto in un marchio di prodotti casual, ma in una vera e propria offerta di lifestyle.

La trasformazione
Il ceo Silvio Campara
Il ceo Silvio Campara

La formula imprenditoriale è chiara: concentrarsi sulle sneakers, visto che oggi la generazione Z parte dalle scarpe come primo acquisto; fare un prodotto confortevole — e questo è il «mantra» del post covid —, grazie a un collarino segreto a due dita dal malleolo che non seghi la gamba e faccia star bene le calzature anche con la gonna; lavorazione 100% a mano e artigianalità rigorosamente made in Italy.

Il ceo Silvio Campara, 43 anni, inizio nel negozio di Alexander McQueen e poi direttore commerciale Armani Asia, entra in Golden Goose nel 2013, salendo al top nel 2018. Oggi è il secondo azionista dell’impresa, dietro solo al Fondo Permira che nel 2020 ha acquisito la maggioranza della società, battendo all’asta i fondi rivali, con una valutazione di 1,3 miliardi di euro.

Permira ha contribuito in maniera fondamentale a fornire all’azienda i muscoli di marketing, la potenza di fuoco finanziaria e la sicurezza di poter entrare in giochi negoziali complessi. Afferma Campara: «La “casualizzazione” è solo agli inizi e noi abbiamo colto la tendenza prima di tutti gli altri. Il proposito è di diventare un marchio senza tempo, con un design gentile che non passi mai di moda». Le sneakers Golden Goose si collocano nella fascia medio-alta del mercato, con un prezzo medio che va dai 400 ai 600 euro al paio. Continua Campara: «Il mercato si sta polarizzando: tutto si divide in extralusso o Zara. Lo spazio intermedio è enorme e rappresenta un segmento di mercato molto lucrativo».

Il management sta espandendo la consapevolezza del brand sfruttando l’artigianalità italiana e ha immaginato una strategia di co-creazione, dove sono gli stessi clienti che nei negozi o sull’online si rapportano agli sneaker-makers e progettano insieme a loro i prodotti speciali con le proprie emozioni e le proprie esperienze. Così il prodotto diventa l’emblema della storia personale del cliente e in alcuni store il tutto può anche essere registrato in un video-souvenir, che il cliente può tenere per sé oppure postare sui social.

Talenti e welfare

Il quartier generale è a Milano e all’ingresso il claim che ti accoglie è già un riassunto della cultura organizzativa: «Everyone can be a star»: tutti possono diventare una stella. Accanto a pile di tesi di laurea di studenti bocconiani che hanno analizzato il caso, sono visibili le distressing machines, cioè le grandi lavatrici che invecchiano le sneakers rendendole vintage, le postazioni telefoniche privacy per i dipendenti o le sale riunioni dove sono appese centinaia di scarpe. C’è anche un orto sul terrazzo dello stabile a disposizione dei dipendenti.

La qualità della vita lavorativa è strettamente monitorata («Da noi non ci sono dipendenti, ma talenti», dice Campara) e il welfare aziendale offre baby sitting dog sitting, oltre allo smart working libero. La popolazione è molto giovane: il 65% ha meno di 32 anni ed è al primo lavoro. E poiché in azienda i commessi si definiscono dream-makers, diventa naturale l’equazione per cui il sogno in Golden Goose fa rima con innovazione, motivazione e determinazione.
Il motto che inizialmente, nella Venezia dei due fondatori, era «for skaters use only» (solo per gli skaters), oggi è diventato «for dreamers use only» (solo per i sognatori).
Quest’anno a Los Angeles, durante un grande evento su una pista di skateboard a Venice, si è esibito Cory Juneau, bronzo olimpico e ambassador del brand, insieme ad altri skater professionisti e membri della comunità locale.
Un omaggio ai luoghi dove è nato lo skateboard e dove affonda l’idea che ha dato vita a Golden Goose.

fonte: https://www.corriere.it/economia/aziende/le-storie/23_gennaio_24/golden-goose-sneakers-veneziana-che-fa-impazzire-l-america-829bca6a-9bb3-11ed-b717-184306d51af5.shtml

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